QUAL VUOL GRAZIA E A TE NON RICORRE,
SUA DESIANZA VUOL VOLAR SANZ'ALI
(Dante Alighieri)

mercoledì 30 aprile 2008

CAPITOLO II: MARIA quale "compagna del Redentore" (LG 61)

Il punto di partenza
La Lumen gentium dona un riassunto dei dati sicuri sull'associazione di Maria all'opera di salvezza. Ribadisce che "Dio non si è servito di Maria in modo puramente passivo, ma che ella ha cooperato alla salvezza umana nella libertà della sua fede e della sua obbedienza" (LG 56). E' stata la "compagna" (socia) del Redentore (LG 61).

Il fondamento biblico
Come fondamento biblico della cooperazione di Maria all'opera del Redentore può essere indicato soprattutto il ruolo di Maria nell'Incarnazione e sotto la croce. Ma sono rilevanti altrettanto la presentazione di Gesù al tempio, l'intercessione alle nozze di Cana e la presenza nella Chiesa nascente che chiede l'arrivo dello Spirito Santo. Ricordiamo anche il Protovangelo che annuncia la partecipazione della “donna” alla vittoria sul “serpente” (Gn 3,15) (1).
Nell'Annunciazione, Maria "si è dedicata totalmente, quale serva del Signore, alla persona e all'opera del suo Figlio, mettendosi al servizio del mistero della redenzione sotto di lui e con lui, per la grazia di Dio onnipotente" (LG 56). Il Concilio cita Ireneo: "con la sua obbedienza" Maria "divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano" (2). I Padri la confrontano "con Eva, chiamano Maria 'la madre dei viventi' e dichiararono spesso: 'la morte per mezzo di Eva, la vita per mezzo di Maria'" (LG 61). Ricordiamo l'accenno di Tommaso che l'annunciazione dimostra "l'esistenza quasi di un matrimonio spirituale fra il Figlio di Dio e il genere umano; e per questo tramite l'Annunciazione si aspettava il consenso della Vergine al posto dell'intero genere umano" (3). Troviamo in Maria, sotto Cristo e dipendente dalla grazia, una “vera cooperazione [all’opera salvifica], perché si realizza ‘con lui’ e comporta, a partire dall’Annunciazione, un’attiva partecipazione all’opera redentrice” (4).
L'unione "della madre col Figlio nell'operare la nostra salvezza si va manifestando a partire dal concepimento verginale fino alla morte di Gesù" (LG 57). Nella storia dell'infanzia, soprattutto la presentazione di Gesù al tempio ha trovato un'attenzione sistematica (Lc 2,22-38). Il "presentare al Signore" (parastésai to kurío)(Lc 2,22) non è soltanto un "mostrare", ma un offrire: Maria dona il suo Figlio che è allo stesso momento il Figlio di Dio e quindi la massima offerta che l'uomo possa presentare a Dio (5). La presentazione al tempio prepara già il ruolo di Maria sotto la croce a cui accenna la profezia di Simeone (Lc 2,35: "a te una spada trafiggerà l'anima"). La Lettera apostolica Marialis cultus di Paolo VI (1974) cita un detto di san Bernardo: "Offri tuo Figlio, sacrosanta Vergine, e presenta al Signore il frutto del tuo seno. Per la nostra riconciliazione con tutti offri l’ostia santa, gradita a Dio" (6). “L’intenzione divina di sollecitare l’impegno specifico della donna nell’opera redentrice risulta dal fatto che la profezia di Simeone è rivolta solo a Maria, nonostante che anche Giuseppe sia partecipe del rito dell’offerta” (7).
Alle nozze di Cana, l'intercessione di Maria porta al primo miracolo nella vita di Gesù (Gv 2,1-11). Abbiamo visto nella parte biblica che la parola "donna" (Gv 2,4) sembra accennare al ruolo di Maria quale rappresentante d'Israele e novella Eva. Secondo Giovanni Paolo II, l'evento di Cana è "quasi un preannuncio della mediazione di Maria, tutta orientata verso il Cristo e protesa alla rivelazione della sua potenza salvifica" (8). “Sottolineando l’iniziativa di Maria nel primo miracolo e ricordando poi la sua presenza sul Calvario, ai piedi della Croce, l’evangelista aiuta a comprendere come la cooperazione di Maria si estenda a tutta l’opera di Cristo. La richiesta della Vergine si colloca all’interno del disegno divino di salvezza” (9).
Il punto centrale per riflettere sul ruolo di Maria nella redenzione è senz'altro la presenza sotto la Croce (Gv 19,25-27). “La prima affermazione esplicita della cooperazione di Maria al sacrificio redentore appare nella teologia bizantina, da parte di Giovanni il Geometra, monaco della fine del decimo secolo, autore di una ‘Vita di Maria’” (10). Quest’osservazione di Jean Galot viene accolta anche da Giovanni Paolo II: secondo Giovanni il Geometra, Maria è “unita a Cristo in tutta l’opera redentrice, partecipando, secondo il piano divino, alla croce e soffrendo per la nostra salvezza. Essa è rimasta unita al Figlio ‘in ogni azione, atteggiamento e volontà’ (...). L’associazione di Maria all’opera salvifica di Gesù avviene mediante il suo amore di Madre, un amore animato dalla grazia, che le conferisce una forza superiore: la più esente da passione si mostra la più compassionevole (...)” (11). Un approfondimento teologico di questa presenza accade a partire dal medioevo, insieme all'attenzione sistematica più grande al sacrificio di Gesù sulla Croce. Una testimonianza particolarmente influente è quella di Arnaldo di Chartres (o di Bonneval), un discepolo ed amico di san Bernardo. “Egli distingue nella croce ‘due altari: uno nel cuore di Maria, l’altro nel corpo di Cristo. Il Cristo immolava la sua carne, Maria la sua anima’. Maria s’immola spiritualmente in profonda comunione con Cristo e supplica per la salvezza del mondo: ‘Quello che la Madre chiede il Figlio lo approva, il Padre lo dona’ (...)” (12). Il Vaticano II, riassumendo la tradizione precedente, afferma: Maria "ha serbato fedelmente la sua unione col Figlio fino ai piedi della croce, dove, non senza un disegno divino, fu presente in dolorosa compassione col suo unigenito Figlio, associandosi con animo materno al suo sacrificio e unendo il suo amorevole consenso all'immolazione della vittima che lei stessa aveva generata" (LG 58).
La presenza di Maria è quindi legata al consenso al sacrificio di Cristo per la salvezza dell'umanità. Paolo VI vede qui il culmine dell'unione con Cristo nell'opera della redenzione. Il Papa cita il Vaticano II, aggiungendo che Maria anche da parte sua offriva la vittima al Padre eterno (13). Quest’affermazione, ribadita più volte dai Papi precedenti, si trova anche in Giovanni Paolo II: “Nel testo conciliare si pone ... in evidenza che il consenso da lei dato all’immolazione di Gesù non costituisce una passiva accettazione, ma un autentico atto di amore, col quale ella offre suo Figlio come ‘vittima’ di espiazione per i peccati dell’intera umanità” (14).
Di fronte al ruolo salvifico della Madre di Dio si parla anche del sacerdozio di Maria, distinto dal sacerdozio gerarchico (in rappresentanza di Cristo capo della Chiesa), ma anche dal sacerdozio comune di tutti i fedeli (benché sia il prototipo di esso) (15). Maria era, come lo formula il "Mariale" di Pseudo-Alberto, "compagna" del Redentore (socia), ma non la sua vicaria. Non è Maria a svolgere il sacrificio della croce, ma anche la partecipazione interiore ad esso può essere chiamato "sacrificio" (come l'associazione spirituale dei fedeli al sacrificio eucaristico). Il sacerdozio di Maria si trova sulla linea "sponsale" del sacerdozio comune di tutti i fedeli, benché preceda a loro quale Madre di Dio e novella Eva. La partecipazione di Maria al sacrificio della croce si può paragonare alla partecipazione dei fedeli al sacrificio della messa: è Cristo che opera il sacrificio, reso presente sull'altare tramite il sacerdote quale rappresentante di Cristo capo della Chiesa; ma Maria si unisce al sacrificio cruente, come i fedeli si uniscono all'atto sacrificale dell'Eucaristia.
Il Vaticano II, parlando della "funzione della beata Vergine nella storia della salvezza" (LG 55-59), conclude la sua descrizione con il ruolo di Maria dopo l'ascensione di Gesù. "(A)nche Maria implorava con la sua preghiera il dono di quello Spirito che nell'annunciazione già aveva ricoperta della sua ombra" (LG 59). Paolo VI sottolinea la "presenza pregante di Maria nella Chiesa nascente e nella Chiesa di tutti i tempi, perché dopo la sua Assunzione in cielo non ha smesso la sua missione come interceditrice e ausiliatrice" (16).


1) Un’esposizione sistematica dei brani biblici, rassegnati già sopra, si trova tra l’altro in GALOT (1991) 251-265; GHERARDINI (1998) 147-220; S. M. MANELLI, “Maria Corredentrice nella Sacra Scrittura”: MARIA CORREDENTRICE I (1998) 37-114; H.-L. BARTH, Ipsa conteret.Maria di Schlangenzertreterin. Philologische und theologische Überlegungen zum Protoevangelium (Gen 3,15), Rupperichteroth 2000, 169-187.
2) Adv. haer. III,22,4. È riportata sopra la traduzione abituale che segue la vecchia traduzione latina. Il testo greco originale, scomparso, riferisce probabilmente il “per sé” ad Eva e non a Maria. Bisogna riportare l’espressione sibi causa facta est salutis quindi diversamente: “Con la sua obbedienza Maria è diventata per lei (Eva) e per tutto il genere umano, causa di salvezza”. Così GALOT (1991) 88s. 266, con riferimento a J. A. DE ALDAMA, “‘Sibi causa facta est salutis’ (S. Ireneo, Adv. Haereses 3,22,4)”: Ephemerides Mariologicae 16 (1966) 291-321.
3) STh III q. 30 a. 1.
4) Giovanni Paolo II, CM 33 (18.9.1996), n. 4.
5) Cf. A. ZIEGENAUS, "Darbringung Jesu im Tempel II. Dogmatik": Marienlexikon 2 (1989) 142s.
6) In purificatione B. Mariae, Sermo III,2 (PL 183, 370). Cf. MC, n. 20; Giovanni Paolo II, CM 3 (25.10.1995), n. 3.
7) Giovanni Paolo II, CM 41 (8.1.1997), n. 3. Cf. GALOT (1991) 256.
8) Redemptoris Mater, n. 22.
9) Giovanni Paolo II, CM 45 (5.3.1997), n. 2.
10) GALOT (1991) 266; vedi già ID., “La plus ancienne affirmation de la Corédemption mariale: le témoignage de Jean le Géomètre”: Recherches de Science Religieuse 45 (1957) 187-208.
11) Giovanni Paolo II, CM 3 (25.10.1995), n. 2. Cf. GALOT (1991) 267-269. Vedi anche E. TRAPP, “Geometres”: Marienlexikon 2 (1989) 618.
12) Giovanni Paolo II, CM 3 (25.10.1995), n. 3. Cf. Arnaldo di Bonneval, De septem verbis Domini in cruce, 3 (PL 189, 1694); CAROL (1950) 156-159; GALOT (1991) 269s; GAMBERO (2000) 179s. 184; O. STEGMÜLLER - R. SCHULTE, “Arnald v. Bonneval”: Marienlexikon 1 (1988) 243s.
13) MC, n. 20, con riferimento a Pio XII, enciclica Mystici corporis (EE 6, n. 258).
14) Giovanni Paolo II, CM 47 (2.4.1997), n. 2. Cf. HAUKE, Die mütterliche Vermittlung (2004) 137s.
15) Cf. M. HAUKE, "Priestertum I. Dogmatik": Marienlexikon 5 (1993) 314-317.
16) MC, n. 18.

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