QUAL VUOL GRAZIA E A TE NON RICORRE,
SUA DESIANZA VUOL VOLAR SANZ'ALI
(Dante Alighieri)

mercoledì 30 aprile 2008

CAPITOLO I: Nota Preliminare

La maternità divina di Maria implica una collaborazione all'opera di salvezza: il fiat della Vergine fa sì che il Verbo di Dio possa entrare in questo mondo. Tale collaborazione non si riduce al momento dell'Incarnazione, ma va oltre:
"Concependo Cristo, generandolo, nutrendolo, presentandolo al Padre nel tempio, soffrendo insieme col suo Figlio che moriva in croce, ella ha cooperato in modo unico all'opera del Salvatore, in obbedienza e fede, in speranza e carità ardente, per restaurare la vita soprannaturale degli uomini. Per questa ragione è stata per noi madre nell'ordine della grazia" (LG 61).
Con il suo compito sulla terra Maria si trova in qualche modo "in mezzo" fra Dio e l'umanità. Lo stesso vale per la sua intercessione celeste. In un senso generale possiamo parlare qui di mediazione che si riferisce 1) all'opera della redenzione svolta da Cristo su questa terra (redenzione oggettiva) e 2) alla distribuzione dei frutti di salvezza ai soggetti concreti (redenzione soggettiva). Invece di “redenzione oggettiva” e “soggettiva” troviamo anche la terminologia redemptio in actu primo e redemptio in actu secundo.
La terminologia usata dagli autori non è sempre ben definita. Il termine "corredenzione" p. es. Indica piuttosto la cooperazione all'opera di salvezza in quanto redenzione oggettiva, ma a volte indica anche il ruolo d'intercessione nella redenzione soggettiva. Viceversa "mediazione" spesso è stato riferito solo alla cooperazione nel distribuire le grazie, ma di per sé si presto ad un significato globale che si estende sulla redenzione oggettiva e su quella soggettiva. In seguito prendiamo "mediazione" in un senso globale, riferendosi sia alla cooperazione durante il percorso terreno del Salvatore sia a quella dopo la Pentecoste (e dopo l’Assunzione) in favore della Chiesa. Questo senso globale compare tra l’altro nell’enciclica Redemptoris Mater (1987), dedicata nella sua terza parte alla “mediazione materna” di Maria in Cristo (1).
Una definizione formale della mediazione viene da san Tommaso: "L'ufficio del mediatore consiste nell'unire quelli fra cui egli esercita questa funzione, perché gli estremi sono congiunti dal termine intermedio" (2). Il mediatore è quindi qualcuno che si trova "in medio" fra due estremi; è il suo compito di unire questi estremi. Gesù Cristo come mediatore quindi unisce gli uomini con Dio.
Gesù Cristo è l'unico mediatore (1 Tm 2,5); altre persone possono collaborare soltanto dispositive vel ministerialiter (3), cioè possono disporre (preparare) all'unione con Dio oppure trasmettere la salvezza come ministri in cui agisce Cristo stesso.
Per comprendere la mediazione di Cristo è importante sostenere che essa include e non esclude la cooperazione di persone umane. Lo ribadisce con grande acutezza il Vaticano II:
"Uno solo è il nostro mediatore secondo le parole dell'apostolo: 'Non vi è che un solo Dio, e un solo mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti' (1 Tm 2,5-6). Ora la funzione materna di Maria verso gli uomini non oscura né in alcun modo sminuisce l'unica mediazione di Cristo, ma ne mostra piuttosto l'efficacia. Infatti ogni influsso salvifico della beata Vergine sugli uomini non deriva da ragioni di necessità, ma dal beneplacito di Dio, sgorga dai meriti sovrabbondanti di Cristo, si fonda sulla sua mediazione, e da essa totalmente dipende attingendone l'intera sua efficacia; e nemmeno impedisce il contatto immediato dei credenti con Cristo, ma anzi lo favorisce" (LG 60).
Filosoficamente, la mediazione subordinata di persone umane nell'economia salvifica si spiega dall'analogia dell'essere: la creatura partecipa in qualche modo alle perfezioni del Creatore e, se Dio lo vuole, all'opera redentrice.
Il Vaticano II indica che Maria "viene invocata nella Chiesa con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice. Ciò però va compreso in modo da non togliere nulla né nulla aggiungere alla dignità ed efficacia dell'unico mediatore Gesù Cristo.
La creatura infatti non può mai addizionarsi al Verbo incarnato e redentore. Ma come accade per il sacerdozio di Cristo che viene partecipato in vari modi sia ai ministri sacri sia al popolo dei fedeli, e come accade per l'unica bontà divina che viene diffusa nelle creature in modi diversi; così anche l'unica mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione, che è partecipazione dell'unica fonte.
La Chiesa non esita a riconoscere apertamente questa funzione subordinata di Maria, ne fa continuamente esperienza, e la raccomanda al cuore dei fedeli, perché, sostenuti da questo materno aiuto, si uniscano più intimamente al loro mediatore e redentore" (LG 62).
La cooperazione di Maria alla redenzione oggettiva e soggettiva è un tema bisognoso di ulteriori chiarimenti. Sono oggetto di controversia soprattutto i titoli "Corredentrice" e "Mediatrice di tutte le grazie". Ma prima d'entrare nel dibattito è importante vedere il campo comune nella mariologia. Poi possiamo mettere in rilievo le diverse posizioni oggi discusse, cercando una soluzione propria.
La differenziazione della cooperazione di Maria alla redenzione oggettiva e soggettiva può manifestarsi anche in due momenti centrali del suo compito di “novella Eva”. Eva, nella Genesi, compare quale compagna di Adamo (“un aiuto che gli sia simile”, Gn 2,18) e quale “madre di tutti i viventi” (Gn 3,20). Lo sfondo antropologico di questi aspetti consiste nei rapporti centrali della donna come moglie e madre. Maria, novella Eva, è rivolta sia a Cristo, nuovo Adamo, sia a tutti gli uomini chiamati a fare parte della Chiesa. “Maria è associata in quanto donna all’opera salvifica. Avendo creato l’uomo ‘maschio e femmina’ (cfr. Genesi 1,27), il Signore vuole affiancare, anche nella Redenzione, al Nuovo Adamo la Nuova Eva. La coppia dei progenitori aveva intrapreso la via del peccato; una nuova coppia, il Figlio di Dio con la collaborazione della Madre, avrebbe ristabilito il genere umano nella sua dignità originaria” (4).


1) Cf. HAUKE, Die mütterliche Vermittlung (2004), 49s.
2) STh III q. 26 a. 1.
3) Ibd.
4) Giovanni Paolo II, CM 48 (9.4.1997), n. 3.

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